Migranti ai tempi del COVID-19, cronache dal FVG

Migranti ai tempi del COVID-19, cronache dal FVG
8 Giugno 2020 accademia

Durante le lunghe settimane di lockdown il tema dei migranti è quasi scomparso dai notiziari. Ora, con il lento ritorno alla vita normale, si riaffaccia anche questa mai sopita problematica, acuita dalla difficoltà della gestione sanitaria di queste persone.

Di seguito cercheremo di fare chiarezza su cosa sia successo in queste ultime settimane in una delle zone calde italiane, il Friuli Venezia Giulia.

 

Perché il FVG? La regione oggetto di interesse si trova all’estremo nord-est della penisola italiana, confinante con Slovenia e Austria, da sempre importante crocevia di idee, merci e culture. Ed è qui, più esattamente nel capoluogo Trieste, che finisce la cosiddetta rotta balcanica. Inoltre, in regione si trovano due realtà molto sensibili, quella del CARA, centro di accoglienza in attesa di asilo, e il neonato CPR, centro per i rimpatri, entrambi nella cittadina di Gradisca d’Isonzo, 10 km a ovest del confine goriziano.

 

I migranti a Trieste. La rotta balcanica inizia convenzionalmente in Grecia, prosegue lungo la penisola balcanica per terminare in Italia; già dagli anni ’90 è stata una delle vie maggiormente utilizzate dai migranti per raggiungere l’Europa, per poi culminare nell’exploit del 2015. Nei mesi del lockdown i numeri di migranti si erano ridimensionati, ma oggi il flusso di coloro che tentano di entrare nella zona sicura europea è tornato a crescere.

A Trieste sono attivi diversi centri di accoglienza, che per qualche tempo hanno dovuto ridurre la loro attività a causa dell’emergenza sanitaria. Durante i mesi di marzo ed aprile c’è stata solo una manciata di volontari ad occuparsi di chi arrivava a Trieste. In questo periodo, parte dei migranti non ha avuto accesso ad acqua corrente, non ha potuto lavarsi o dormire e nemmeno mantenersi in isolamento: tutto ciò ha comportato un pericolo per sé stessi e per la comunità. Ad oggi la situazione sembra essersi ristabilita, anche se i comuni di Trieste, Gorizia e di Tarvisio denunciano la mancanza di spazi e risorse sufficienti per l’accoglienza in sicurezza dei numerosi migranti minori sul territorio. Le strutture di accoglienza oggi risultano essere al limite della loro capacità: nello specifico, i comuni si ritrovano privi di spazi adeguati ad accogliere il grande numero di minori non accompagnati arrivati in Italia.

 

CARA e CPR. A Gradisca la situazione sembra invece sotto controllo, nonostante le difficoltà avute nelle scorse settimane. È risaputo che gli ospiti delle strutture hanno a disposizione degli spazi ristretti, che già in situazioni normali sono motivo di disturbi e malessere.

Ci sono stati casi di positività al Covid-19 all’interno delle strutture. Per quanto questi casi siano stati immediatamente isolati e trattati adeguatamente alla situazione, la tensione ha raggiunto livelli altissimi.

Due gli episodi di incendi: uno a fine marzo e uno il 23 aprile. In entrambi i casi, i reclusi hanno voluto manifestare la propria indignazione per la condizione, ritenuta ingiusta, di reclusione, ma anche la paura del contagio in un contesto così difficile. Tutto il personale incaricato della gestione dei centri è risultato negativo ai test e non ha avuto ripercussioni durante le proteste.

 

Confini. Un’ulteriore analisi va fatta in relazione al confine con la Slovenia: lo Stato, allo scoppio dell’emergenza Covid, si è subito premurato di chiudere i confini con l’Italia. I migranti della rotta balcanica però non si spostano solo sulle strade, ma si muovono attraverso i boschi, e sull’altopiano carsico è ben più difficile bloccare il passaggio delle persone.

Durante il lockdown ci sono stati episodi di tensione, come quando a maggio una coppia di italo-sloveni è stata fermata arbitrariamente da uomini armati e in divisa, che gli hanno intimato l’alt con tanto di armi puntate.  A detta di molti, non è nuova la presenza di paramilitari alla ricerca di migranti sul confine. Seppure la questione sembri ormai risolta, la maggiore necessità di controllo ha portato sia Italia che Slovenia ad aumentare il numero di agenti ai rispettivi confini.

Infine un dato che ha destato preoccupazione da parte delle cooperative che si occupano di accoglienza nella città di Trieste, ovvero la recente applicazione delle riammissioni informali in Slovenia di alcuni migranti da parte delle autorità italiane. Slovenia e Croazia sono infatti state protagoniste di respingimenti fuori dal territorio dell’Unione, attività illegale ma, a quanto pare, fomentata attraverso questa pratica da parte della stessa Italia.

 

Il nuovo inizio non sembra essere troppo diverso da ciò che c’era prima della pandemia, ma un rinnovato rispetto dei diritti umani è necessario. Oggi più che mai le politiche di tutti gli Stati coinvolti nella questione dei migranti devono essere compatte, unite ed umane.

di Diletta Ferlat

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