Partire per un’esperienza all’estero durante una pandemia mondiale non è di certo una delle prime cose che passano per la testa. Se però ne avete l’occasione, il mio consiglio è quello di prendere questa opportunità al volo, specialmente se si tratta di un’esperienza unica ed irripetibile come l’Erasmus.
A metà settembre 2020 sono partita per la città di Gent, in Belgio, dove ho vissuto per sei mesi e ho avuto la possibilità di seguire i corsi del Master of Science in Economics dell’Universiteit Gent. Avevo fatto richiesta per questo semestre all’estero poco prima che scoppiasse la pandemia da Covid-19 e, dopo essere stata selezionata, non nascondo di aver avuto qualche incertezza sulla mia partenza: mi chiedevo come sarebbe stato vivere all’estero lontano dalla famiglia e dagli amici in un periodo così difficile, avevo paura che mi sarei ritrovata da sola per via di tutte le restrizioni e limitazioni alla socialità. Nonostante questo, la voglia di conoscere un altro paese, incontrare nuove persone in un ambiente internazionale e, soprattutto, il ricordo così positivo del mio primo Erasmus mi hanno convinta a mettere da parte tutte queste insicurezze e buttarmi in questa nuova avventura. E non avrei potuto prendere decisione migliore.
Durante il primo mese trascorso in Belgio, il paese non aveva ancora così tante restrizioni, perciò ho potuto vivere una vita più o meno “normale”. Per fare qualche esempio, nonostante ci fossero misure come mascherine obbligatorie nelle città e la possibilità di riunirsi in luoghi pubblici in non più di dieci persone, i bar, i ristoranti e tutte le attività commerciali erano ancora aperte, e le belle giornate hanno incentivato le attività all’aperto. Mi ritengo molto fortunata perché in queste prime settimane di libertà ho avuto modo di conoscere tante persone, la maggior parte delle quali mi hanno poi accompagnata durante tutta la mia permanenza a Gent. Le prime cinque settimane ho anche avuto la possibilità di frequentare le lezioni in presenza, mentre in Italia avrei avuto l’intero semestre online, così da poter conoscere personalmente i professori e coltivare altre amicizie tra una lezione e l’altra.
Da circa metà ottobre, tuttavia, i contagi da Coronavirus sono aumentati in maniera esponenziale nel paese, tanto che a fine mese il Belgio era il paese europeo più colpito dalla pandemia, e ciò ha introdotto un inasprimento delle misure, dando l’inizio ad un secondo lockdown. Le ulteriori restrizioni imposte erano delle più svariate: dalla chiusura dei bar e ristoranti tranne che per il servizio di take away, al divieto di riunirsi in luoghi pubblici in non più di quattro persone, dalla chiusura delle attività non essenziali (per un paio di mesi), al coprifuoco e alla limitazione dei contatti sociali con la propria “bolla”. Le lezioni universitarie sono poi passate in modalità online, facendo perdere sicuramente il contatto umano e la possibilità di interazione diretta con i professori. Nonostante la marea di nuove e severe misure, queste non hanno tolto la possibilità di poter uscire di casa per passeggiare o fare attività sportiva, e non c’è stato nessun divieto di spostarsi all’interno del paese stesso, e questo ha dato la possibilità di mantenere almeno in parte la vita sociale.
Senza dubbio, a causa dell’attuale pandemia non ho potuto vedere com’è la vita a Gent abitualmente, ponendo durante il percorso diverse difficoltà e momenti di frustrazione che stiamo tutti in qualche modo attraversando. Nonostante ciò, la mia esperienza non sarebbe potuta andare meglio ed è stata sicuramente al di sopra delle aspettative, dato che fin dalla mia partenza ero consapevole che non sarebbe stato un Erasmus “normale”. Una delle cose che ho più apprezzato è stata la possibilità di conoscere e stringere rapporti stretti con persone locali, che mi hanno fatto vivere una vera e propria esperienza belga. Grazie a loro ho imparato un sacco di curiosità su un paese particolare come il Belgio, così piccolo ma con così tante differenze al suo interno, a partire dalla divisione linguistica e geografica in tre regioni: quella settentrionale delle Fiandre, dove ho vissuto, in cui si parla il fiammingo (una variante dell’olandese), quella centrale della regione di Bruxelles-Capitale, ufficialmente bilingue ma prevalentemente francofona, e quella meridionale della Vallonia, dove la lingua principale è il francese ma, ai confini con la Germania, si trova la comunità germanofona di lingua tedesca. Senza contare le ulteriori differenze culturali, sociali ed economiche insite all’interno di ogni regione stessa. Inoltre, nonostante a Gent parlino il fiammingo, non ho quasi mai avuto problemi con la lingua dato che molti sanno parlare l’inglese e, conoscendo quest’ultimo e studiando il tedesco, alle volte riuscivo a capire qualcosa della lingua locale. Inoltre, ho incontrato molte persone da diversi altri paesi: penso che uno dei punti di forza di un’esperienza come l’Erasmus stia proprio nell’avere la possibilità di fare amicizie da tutto il mondo, cosa che ti fa avvicinare ed apprezzare le altre culture e, soprattutto, ti apre la mente. Un altro lato positivo è sicuramente poter studiare in un’altra università e conoscere un altro sistema che, nel caso del Belgio, è molto diverso da quello italiano, senza poi contare il fatto di poter praticare e migliorare una o più lingue straniere. Infine, nonostante non si fosse liberi di viaggiare facilmente verso altri paesi, non essendoci stati limiti agli spostamenti all’interno del paese ho avuto la possibilità di visitare posti del Belgio in cui non ero mai stata.
Il mio scambio a Gent è stato veramente diverso dal mio primo Erasmus di due anni fa, quando ho trascorso un altro semestre nella città di Amburgo. Sicuramente la bellezza della prima esperienza è stata quella libertà che davamo così per scontata e che purtroppo ora ci manca: mentre ero in Germania ho avuto molte più possibilità di viaggiare, sia all’esterno che all’interno del paese, ho frequentato l’università in presenza, ho conosciuto ancora più persone da più parti del mondo, ho partecipato a moltissimi eventi e non solo. Insomma, ho potuto trascorrere una vita più normale.
In entrambi i casi la parte più difficile è stata sicuramente salutare le città che mi hanno accolta per diverso tempo e tutte le persone con cui ho legato, e che tutto sommato spero di rivedere il prima possibile. Sebbene siano state così differenti, non saprei dire quale delle due esperienze mi sia rimasta di più. Entrambe mi hanno fatta crescere, mi sono sentita diversa per molteplici aspetti, mi hanno dato più sicurezza e mi hanno fatto tornare a casa con un bagaglio di conoscenze ed esperienze che porterò sempre con me, oltre a tutte le amicizie che ho stretto e su cui so che, nonostante la lontananza, posso sempre contare. Se dovessi descrivere con una frase cos’è l’Erasmus, direi che è una di quelle esperienze che vorresti non finisse mai.
di Francesca Gravner