Relazione in occasione del convegno “La visione dei padri fondatori e la sua attualità nell’ Europa di oggi. Il contributo dei democratici cristiani europei alla costruzione dell’unione politica.” Università di Padova, 16 dicembre 2014.
Thomas Jansen
Il contributo della Democrazia Cristiana tedesca all’unificazione dell’Europa è legato ai nomi di Konrad Adenauer e di Helmut Kohl. In quanto cancellieri della Repubblica Federale, essi determinarono le linee guida della politica tedesca in un arco temporale di ben trent’anni. Ambedue erano anche presidenti del loro partito, l’Unione Cristiano-Democratica Tedesca (CDU), i cui orientamenti e programmi furono da essi influenzati in modo profondo e duraturo .
Konrad Adenauer guidò la Repubblica Federale di Germania senza esitazioni verso l’Occidente, sfruttando ogni possibilità per ancorarla alle strutture politiche, economiche e militari che stavano nascendo dopo la seconda guerra mondiale. Sullo sfondo delle esperienze storiche, l’unificazione dell’Europa era per lui una questione della ragion di stato. Per Adenauer era importante impedire che la Germania venisse a trovarsi una seconda volta tra “l’incudine e il martello”. Già negli anni venti del secolo scorso, quando già ricopriva le due importanti cariche di sindaco di Colonia e di presidente del Consiglio di stato prussiano, aveva preso posizione in modo deciso a favore dell’idea di un mercato comune europeo in vista di una unificazione completa di tutte le nazioni europee.
Assieme ai suoi partner congeniali, Robert Schuman in Francia e Alcide De Gasperi in Italia, Adenauer è giustamente definito padre fondatore della Comunità Europea. L’eredità più importante da lui lasciata alla politica tedesca è la massima della continuità e dell’affidabilità: era soprattutto la fiducia che la politica estera tedesca doveva conquistare e, successivamente, conservare e rafforzare. Era impensabile che si potesse dubitare del rifiuto tedesco di ogni forma di neutralizzazione o di Sonderweg, di una via speciale tedesca. I molteplici sforzi bilaterali presso i Paesi vicini, soprattutto quelli che più avevano sofferto sotto i nazisti, servirono a questo scopo e crearono anche una rete di relazioni che alla fine facilitò anche la politica dell’integrazione.
Helmut Kohl era stato segnato dalle esperienze della guerra che aveva vissuto negli anni della giovinezza. Dopo la guerra fu uno dei giovani europei che presero parte alle dimostrazioni al confine franco-tedesco per chiederne il superamento con la distruzione simbolica delle sbarre di confine e delle barriere. Originario del Palatinato, Kohl era il prodotto di un paesaggio e di una cultura la cui storia era determinata dalla vicinanza al confine e dallo scambio con il vicino francese.
La massima di Adenauer della necessità esistenziale di una politica tedesca affidabile e degna di fiducia venne fatta propria da Kohl, il quale, da parte sua, la fece diventare il filo rosso dei suoi sforzi riuscendo così a realizzare alla fine la riunificazione della Germania come elemento importante della riunificazione dell’Europa. Un’espressione tangibile di questa realtà è il collegamento irrevocabile ai Paesi vicini e ai partner nella Comunità Europea attraverso l’unione monetaria europea portata avanti da Kohl con forza e contro notevoli resistenze interne. Ma accanto e assieme ad Adenauer e a Kohl, molte altre personalità cristiano-democratiche, politici di diverso grado, funzionari, diplomatici e iscritti al partito impegnati nella causa hanno contribuito in modo importante a fare della Germania un paese membro affidabile della Comunità Europea, che nelle fasi decisive di questo sviluppo si è trovato nell’avanguardia diventando uno dei motori del processo di unificazione.
L’esperienza di vivere in prossimità del confine è propria non soltanto di Adenauer e di Kohl, ma anche di altri Cristiano-democratici tedeschi, che – nel corso dei decenni in cui l’unificazione dell’Europa cominciò a svilupparsi e a prendere forma concreta – avrebbero contribuito in modo decisivo a questo processo. In questa sede, in cui stiamo parlando dei padri fondatori, mi limiterò a soffermarmi su Heinrich von Brentano e Walter Hallstein, che hanno svolto, rispettivamente, un ruolo particolare nel porre le basi della costruzione europea e dell’unione politica.
Heinrich von Brentano, presidente del gruppo parlamentare dell’Unione cristiano democratica (CDU) al Bundestag tedesco dal 1949 al 1955 e, quindi, dal 1961 al 1964, e Ministro degli esteri dal 1955 al 1961, fu un federalista convinto, che si era messo in luce con questa sua idea già durante le consultazioni del Consiglio parlamentare sulla Legge fondamentale (la Costituzione tedesca). In tutte le questioni fondamentali della politica europea si trovava in sintonia con il Cancelliere, con il quale condivideva in particolare la convinzione che formulò nel discorso da lui pronunciato nel gennaio del 1952 in occasione del dibattito del Bundestag sul Trattato istitutivo della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Egli disse infatti “che l’ineludibilità dello sviluppo messo in moto da questo primo passo ci porterà verso una integrazione autentica dei popoli liberi dell’Europa, ivi compresa una Germania libera e non più divisa.”
“L’ineludibilità dello sviluppo” che avrebbe portato dall’integrazione nel settore strategicamente importante della politica economica all’integrazione in altri settori e, su questa strada, verso un’associazione più stretta degli Stati europei e, quindi, attraverso il radicale cambiamento della situazione internazionale, alla riunificazione della Germania, divenne il credo dei cristiano-democratici che si impegnarono nella politica europea raccogliendo l’eredità di Adenauer, Brentano e Hallstein.
Nel 1952 Brentano assunse la presidenza della Commissione Costituzionale, la cosiddetta Assemblea ad hoc, che era costituita dall’Assemblea della CECA integrata con un certo numero di membri dell’assemblea della UEO. Questa Commissione aveva l’incarico di redigere uno statuto per la Comunità Politica Europea (CPE) pensata come un tetto politico-istituzionale per la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) e per la progettata Comunità Europea della Difesa (CED). Nella premessa di Brentano alla bozza di questo statuto da lui presentata nel marzo del 1953, egli illustrò anche il carattere della Comunità Politica:” La Comunità politica non sarà né un’associazione di stati né uno Stato federale. Essa riunirà i diversi elementi delle costruzioni classiche di diritto pubblico. Essa si distinguerà comunque in modo chiaro e univoco da una coalizione o alleanza basata soltanto su trattati e convenzioni internazionali. Questo tipo di costruzione lascia sussistere i contrasti ed è dominata dal principio di egemonia. In una Comunità come quella proposta nella bozza si garantisce la vita propria dei popoli e degli Stati che formano la Comunità. Al contrario, è esclusa l’egemonia di uno Stato singolo all’interno della Comunità.”
Tra i politici tedeschi impegnati attivamente nella costruzione della Comunità europea, Walter Hallstein, sottosegretario agli esteri tra il 1951 e il 1957 e presidente della Commissione CEE tra il 1958 e il 1967, ha contribuito più di tutti, con i suoi discorsi e saggi, all’analisi teorica e alla comprensione del processo di unificazione. Adenauer aveva ingaggiato il professore di diritto dell’economia e di diritto comparato all’università di Francoforte per guidare i negoziati del Piano Schuman, nominandolo quindi sottosegretario agli esteri dopo gli eccellenti risultati conseguiti da Hallstein assieme a Jean Monnet in questa sua funzione. Hallstein aveva contribuito alla realizzazione dei Trattati di Parigi e di Roma in modo sostanziale, per cui la sua nomina a primo Presidente della Commissione CEE sembrò un fatto scontato a tutte le persone coinvolte. Egli fu il creatore della struttura amministrativa della Commissione e ne gettò le basi per la sua immagine. Si adoperò con ogni mezzo per attuare in tempi rapidi la realizzazione delle disposizioni del Trattato, insistendo sull’autonomia della Commissione e difendendo in modo coerente l’indipendenza di quest’ultima davanti alle ingerenze e aspettative dei governi, con la conseguenza di entrare in rotta di collisione soprattutto con il Presidente francese Charles De Gaulle.
Terminato il suo mandato di Presidente, Hallstein mise per iscritto le sue esperienze e conoscenze in un volume intitolato Der unvollendete Bundesstaat (Europa: Federazione incompiuta, Rizzoli), che fu più volte ristampato (nelle edizioni successive col titolo Die europäische Gemeinschaft – La Comunità Europea) e tradotto in varie lingue. Egli riteneva che nella Comunità Europea fossero già presenti tutte le caratteristiche essenziali di uno Stato federale, anche se in forme che era necessario perfezionare per il completamento dello Stato federale stesso.
Nella sua visione la Comunità Europea era un”organismo dinamico in cui era già insito il futuro”, per cui egli considerava lo sviluppo come un processo in cui era la Sachlogik, la logica delle cose, a far sì che ogni passo, ogni soluzione europea, provocasse la necessità di altri passi verso l’integrazione. Inoltre egli considerava la Comunità come una creazione del diritto, pertanto una Comunità del diritto che può svilupparsi nel senso della sua vocazione in modo adeguato soltanto se tutte le sue parti rispettano il diritto stabilito di comune accordo.
Spero che i principi e valori ai quali si ispiravano i Cristiano-democratici tedeschi nella loro politica europea, e gli obiettivi da essi perseguiti siano stati delineati in modo chiaro in questa breve illustrazione delle più importanti personalità e dei loro contributi specifici.
Rimane ancora qualcosa da dire riguardo alle tre condizioni più importanti, essenziali per la politica europea dell’Unione Cristiano-Democratica tedesca, ovvero:
1. il rapporto tra politica tedesca e politica europea,
2. la sua visione di federalismo,
3. la collaborazione franco-tedesca.
Nella concezione di Adenauer e del suo partito, che negli anni cinquanta e sessanta aveva le maggioranze più ampie anche grazie alla sua politica tedesca ed europea, la riunificazione della Germania poteva essere realizzata soltanto con l’unificazione dell’Europa, partendo dall’Europa occidentale per giungere a un’unificazione completa. Per questo motivo i governi guidati dai Cristiano-democratici anteponevano sempre una politica attiva dell’Europa a una politica attiva della riunificazione.
In questa concezione la politica europea era la migliore politica tedesca, e una politica volta alla riunificazione della Germania non era nient’altro che una politica europea attiva. Infatti, in entrambi i casi, si trattava della libertà, della pace, della sicurezza e della democrazia. Del resto, nell’esperienza tedesca non era lo stato nazionale in quanto tale il male da estirpare o da superare. Il male consisteva piuttosto nell’appropriazione e corruzione dello Stato e della società da parte di ideologie totalitarie, che disprezzavano la persona, da parte del nazionalsocialismo allora e del comunismo adesso.
La concezione tedesca del federalismo si basa su una prassi sperimentata e collaudata nella Repubblica federale e prende le mosse dall’idea che la federazione europea possa essere soltanto il risultato di un processo di cui sono essenzialmente i Paesi membri a doversene fare carico.
Contemporaneamente al processo che vede gli Stati nazionali raggrupparsi nella federazione europea, che quindi si costituiscono in una federazione, deve avere luogo – all’interno di questi Stati – un processo di federalizzazione attraverso il rafforzamento dell’autonomia delle loro Regioni. Ciò spiega anche l’impegno costante a favore del principio della sussidiarietà e della istituzione di un Comitato delle Regioni. In questo modo la sovranità assoluta dello Stato nazionale classico, che si esprime anche in una tendenza al centralismo assoluto, sarà ridimensionata e resa innocua non solo da una divisione dei poteri sovranazionale, ma anche infranazionale.
Questa non era soltanto una posizione teorica: essa si basava sull’esperienza che la Germania aveva dovuto fare sotto il nazionalsocialismo. Subito dopo la presa di potere da parte dei nazisti nel 1933, essi avevano proibito non soltanto i partiti democratici, ma anche proceduto all’allineamento forzato dei Länder (Gleichschaltung) e quindi alla loro abrogazione, al fine di tenere direttamente in pugno l’intero Reich. Anche se i comunisti nella Germania orientale avevano avuto bisogno di un po’ di più tempo per compiere un passo analogo, alla fine riuscirono anch’essi gradualmente a completare la centralizzazione della vita politica della Repubblica Democratica Tedesca tra il 1952 e il 1958, liquidando i Länder che si erano nuovamente costituiti dopo la guerra.
Grazie alla sua importanza in quanto principio strutturale e organizzativo nazionale per lo sviluppo democratico e il rilancio economico della Repubblica federale, il federalismo divenne fondamentale anche per le idee tedesche sulla futura costruzione europea. Ciò era particolarmente vero per i Cristiano-democratici che – non da ultimo per l’importante ruolo svolto nel loro pensiero e nei loro programmi dal principio della sussidiarietà mutuato dalla dottrina sociale cattolica – possono essere considerati il partito del federalismo per eccellenza e che da questo punto di vista si distinguono nettamente dai loro concorrenti, ovvero dal partito socialdemocratico tedesco che tradizionalmente tende al centralismo.
Fin dall’inizio la collaborazione franco-tedesca, che rappresenta il simbolo e lo strumento della conciliazione e dell’intesa tra le popolazioni vicine sulle due sponde del Reno, è stato considerato non soltanto in Francia e in Germania il presupposto essenziale per il successo degli sforzi volti a realizzare l’unità europea. Per questo Adenauer e i suoi successori hanno cercato in occasione di ogni iniziativa l’accordo con la Francia, anche se – e certamente anche per l’appunto per questa ragione! – le motivazioni e gli obiettivi di entrambi i partner erano spesso divergenti. Anche i responsabili francesi hanno regolarmente cercato la coesione con i tedeschi.
Ciò si è verificato anche quando all’inizio degli anni sessanta, in una situazione in cui – a causa dell’evoluzione dell’integrazione nell’ambito della Comunità Economica Europea – era improrogabile, ma impossibile da realizzare, uno sviluppo verso l’unione politica. Si tentò di forzare la svolta con un’intesa franco-tedesca. Ed effettivamente la nascita del Trattato franco-tedesco è strettamente collegata agli sforzi di dare vita all’Unione Politica Europea con l’approvazione di uno Statuto.
La speranza che gli altri partner avrebbero seguito l’esempio franco-tedesco aderendo al Trattato non si esaudì, nonostante fossero stati fatti tutti gli sforzi possibili per appianare le differenze da parte tedesca. Ma Adenauer ha comunque avuto ragione nel suo impegno per questo trattato che egli verso la fine del suo mandato considerava del resto “l’opera principale della sua attività come cancelliere “ svolta per ben quattordici anni. Da allora questo trattato ha infatti svolto la funzione di pilastro portante della Comunità Europea nelle difficili fasi dell’integrazione. Infatti, al suo interno, si è potuto chiarire più di qualche fraintendimento, superare più di qualche difficoltà nel processo di integrazione e prendere più di qualche iniziativa a favore dell’ulteriore sviluppo della Comunità. Anche questa è una conferma che l’intesa franco-tedesca rimane un presupposto imprescindibile per l’unificazione dell’Europa.
Arrivo così alla fine del mio intervento. Anche sotto la guida di Angela Merkel l’Unione cristiano-democratica tedesca si considera il partito tedesco dell’Europa. La cancelliera gode di una così straordinaria popolarità in Germania non da ultimo per la sua politica europea. Con la sua mentalità pragmatica Angela Merkel ha finora rinunciato a formulare una propria visione di politica europea, ma rimane fedele agli obiettivi dei padri fondatori cristiano-democratici. Durante la presidenza tedesca dell’UE (2007) la cancelliera si è adoperata affinché dopo i referendum negativi in Francia e nei Paesi Bassi i contenuti della bozza di costituzione approvata dalla Convenzione europea venissero salvati grazie al Trattato di Lisbona. Quando si trattò di salvare l’Unione monetaria, Angela Merkel assunse la guida assieme a Wolfgang Schäuble, avendo il coraggio di insistere sul principio che ogni Stato membro è responsabile della soluzione dei problemi causati da lui stesso.
Questo è il presupposto alla base del risanamento duraturo degli Stati membri in difficoltà. E’ la condizione in base alla quale l’Unione Monetaria europea fu stipulata. Il rispetto di questa regola è anche il presupposto per la solidarietà tra i partner. Con la regola della responsabilità propria, che corrisponde al principio della sussidiarietà, e con la conseguente disciplina nella politica di bilancio e finanziaria si dovrebbe impedire che singoli Stati membri si indebitino a scapito di altri Stati membri e quindi a svantaggio della tenuta della Comunità penalizzandola nel suo insieme e pregiudicandone l’esistenza stessa.
L’eredità della politica europea lasciata da Adenauer, Brentano e Hallstein è seguita in modo sistematico dall’Unione cristiano-democratica stessa e dalla Fondazione Konrad Adenauer che impiega i suoi molteplici strumenti anche a questo scopo (dall’archivio all’Istituto scientifico, alle pubblicazioni, all’Accademia per la formazione politica, fino alle rappresentanze all’estero).
La politica europea tedesca plasmata in modo fondamentale dai Cristiano-democratici, che mirava a integrare in modo stabile e definitivo la Repubblica federale nella Comunità Europea, è valutata da una grande maggioranza di Tedeschi tanto positivamente quanto il prodotto stesso di questa politica, ovvero l’Unione Europea. In tutto ciò si riflette un ampio consenso trasversale ai partiti, che è essenzialmente dovuto alla continuità e alla presenza con cui l’Unione cristiano-democratica si è impegnata dopo Adenauer nel settore della politica europea.
Tradotto dal Tedesco da Lorenza Rega